“La malattia? Nella mia azienda sono previsti 5 giorni all’anno, se li superi devi usare le ferie. Ma questo negli Stati Uniti non è un problema, qui piuttosto c’è il problema contrario: la gente
va sempre a lavorare, è un punto d’onore, per assentarsi deve avere proprio qualcosa di grave”. Andrea Danese, imprenditore ma anche manager di una primaria società di informazione e tecnologia finanziaria, non fa sconti all’Italia nel confronto tra i sistemi Paese. La sua esperienza professionale si è svolta soprattutto all’estero: da 24 anni fuori dall’Italia, ha lavorato a Londra per 10 anni ed è a New York da 14. Avvocato, un master internazionale in Business Law, ha lavorato in finanza occupandosi di prodotti derivati. Nel 2000 ha aperto una società a New York che si occupava di trading elettronico di Credit Derivates, venduta poi a IntercontinentalExchange nel 2008. Dopo “l’exit” ha fondato una società di consulenza nei prodotti derivati, venduta anche questa dopo un paio d’anni.
Oggi fa il manager a New York e gestisce circa 1000 persone. “Qui il livello di efficienza è alto. In Italia, invece, i processi decisionali ed esecutivi sono farraginosi, quindi c’è una grande lentezza in tutti i sistemi”. Danese mette a confronto mondo del lavoro e approccio culturale. “L’estrema flessibilità americana è un’opportunità per chi lavora, non un rischio come si percepisce in Italia. Qui il dipendente è un asset per l’azienda e questa ha tutto l’interesse che cresca e che porti valore alla società. Negli Usa poi, cambiare posto di lavoro ogni 3 o 4 anni è normale, da noi è più raro“. Anche fare impresa si rivela molto più facile negli Usa. “Qui l’accesso è estremamente semplificato, i capitali sono decisamente maggiori rispetto all’Italia e amministrazione, burocrazia e legislazione non rappresentano un freno per l’imprenditore. Insomma qui chi ha idee di valore viene premiato, indipendentemente dall’età e dalla nazionalità. Tornare a casa? E come potrei? Guadagno quanto uno dei 20 top manager italiani, qui posso anche continuare a crescere, da noi sarebbe impensabile”.
Intervista, immagini, riprese, grafiche, post-produzione di Rosalba Reggio e Luca Orlando