Il succo è questo: loro corrono, noi arranchiamo. Le tante storie che abbiamo raccolto a New York rappresentano un punto di vista particolare, una prospettiva interessante per valutare con un approccio critico il nostro sistema. Certo, si tratta di manager, imprenditori o professionisti che negli Usa hanno sviluppato esperienze positive, in qualche caso grandiose. E il confronto avviene nel momento per noi peggiore, con un Pil in corsa negli Usa (+4% su base annua) e una desolante stagnazione a casa nostra. Ma pur con queste cautele, ascoltare i giudizi di tanti italiani “volati” oltreatlantico può essere uno stimolo in più per capire cosa cambiare nel nostro Paese, senza gettare a mare ciò che di buono (e certamente di più equo) c’è in Italia.
Brian Pallas, imprenditore di 27 anni: “In Italia 22 addetti non avrei potuto assumerli”
Fabrizio Ferri, fotografo: “Qui l’imprenditore è aiutato, da noi è un nemico”
Claudio Del Vecchio, presidente Brooks Brothers: “L’Italia non riparte se non cambia lo statuto dei lavoratori”
Claudio Bozzo, presidente Msc Usa: “American dream per i giovani, un incubo per i cinquantenni”
Mainardo de Nardis, Ceo globale Omd: “Negli Usa vince l’individualismo”
Venanzio Ciampa, presidente The Promotion Factory: “In Italia burocrazia respingente”
Domenico Vitale, presidente People Ideas & Culture: “L’errore italiano: il lavoro è un dovere, non un diritto”
Andrea Danese, manager e imprenditore: “Qui l’assenteismo non esiste, lavorare è un punto d’onore”
Claudio Vaccarella, presidente Hyper Tv: “Noi, cenerentole dell’Hi-tech”
Roberto Baldi, musicista: “Mai un sollecito per farmi pagare, l’assegno qui arriva per posta”
Monica Mandelli, Managing director Goldman Sachs: “E’ la meritocrazia la marcia in più degli Usa”
Simone Sacchi, ricercatore Columbia University: “Spiace dirlo ma qui per i giovani ci sono più opportunità”
Interviste, immagini, riprese, grafiche, post-produzione di Rosalba Reggio e Luca Orlando